Fra Iacopo Rosso dell’Annunziata
abate di San Godenzo in Alpe

Di grande interesse per la storia della SS. Annunziata di Firenze e dell’abbazia di San Godenzo in Alpe in Mugello, sua dipendenza dal 1482, fu l’opera del frate Servo di Maria abate Iacopo Rosso o dei Rossi, come a volte è scritto.
Fiorentino, fu novizio nel convento nel 1397 e studiò a Bologna per il sacerdozio dal 1401. Ritornato alla SS. Annunziata nel 1410, ricoprì in seguito gli incarichi di procuratore (1410, 1438, 1439), maestro dei novizi (1416), camarlingo del Comune (1418), sagrestano della chiesa (1419) e della cappella della Madonna (1431), canovaio (1433) e priore (1422-1424, 1440, 1441). Proprio da superiore, quando Eugenio IV introdusse la riforma dei Padri dell’Osservanza, “recusasset novae Observatiae se adiungere, amotus es ab officio, et a Coenobio die 12 augusti a. 1441” – la rifiutò e venne rimosso dall’incarico e dal convento il 12 agosto 1441.
Visse quindi poche settimane in una casa dei frati in Borgo La Noce e nel settembre, su nomina papale, divenne abate commendatario della Badia di San Godenzo in Alpe.
Recatosi sul posto, accertò una situazione disastrosa, effetto dell’incuria di quelli che chiama “pastori” (abati e parroci) e dei furti di oggetti e beni. Dell’antica e gloriosa abbazia vide che non restava nulla salvo delle mura pericolanti. Così ne parla in un suo scritto:

“Io dopmino Iacopo per l’adrietro frate de’ Servi di Sancta Maria di Firenze e oggi mediante la grazia d’Iddio e del serenissimo in Cristo padre e signore papa Eugenio fui assumpto e fatto abate di decta badia della quale presi la tenuta pacificamente e con volontà di tutto il decto popolo addì 6 di septembre 1441.
Et trovai la decta badia in captiva dispositione e lla cagione di ciò parte precedette da’ pastori di decta badia e parte da alquanti che tengono e hanno tenuto beni mobili e immobili di decta Badia sanza ragione e in pregiudicio dell’anime loro e di loro eredi.
Et non trovai né pane, né vino, né olio, né niuno subsidio corporale, poche masserizie, uno solo letto e tristo ...
Et più trovai che el muro della chiesa ruvinava in tutto, le campane cadevano, una parte del chiostro e della cucina ruvino [sic], e tutta la casa in puntelli, e delle gocciole della casa non dico perché a me pareva quando pioveva essere in piazza, e molti altri manchamenti e debiti trovai. Et per giunta alle mie fatighe menai meco uno mio discepolo il quale mi trattò in modo come fece Giuda a Ihesu Cristo.
Et per queste predicte chose più e più volte mi pentì di aver acceptato decta badia.
Et non di meno, pensando sempre che la mia venuta fosse, e così credo, volontà di Dio e sempre rachomandandomi a llui m’aiutasse in doverla rachonciare, richiesi amici e parenti in modo messi mano di raconciarla.
Et pregai gl’uomini et popolo di decta badia mi dovessino adiutare ...”.

Fra Iacopo in altra pagina ricorda come si dette da fare anche per riprendere i beni abbaziali, tramite la Camera Apostolica che minacciò la scomunica verso chi non li avesse restituiti:

“Da parte di messer Bartolomeo auditore della chamera apostolica per commissione a llui fatta dal sanctissimo in Cristo padre e signore papa Eugenio si fa noto e manifesto a ciascuna persona di qualunque conditione si sia.
Che chi avessi o tenessi alchuno bene mobile o immobile della badia di Sancto Godenzo a pie’ de l’Alpe, chome sono oro, argento, o altra moneta, o pecunia d’ogni ragione; anella, pr(i)ete, priete pretiose o altri gio(i)elli, croci, calici, patene, ampolle; vestimenti ecclesiastici di seta o di panno lano o lino o di velluto; alchune rendite o fitti o censi, decime o altri frutti; vino, olio, grano, orzo, spelda, migl(i)o, fave o altri leghumi; case, possessioni, terre, prati, boschi, mulini o altre terre lavorat. e non lavorat.; pecore, capre, buoi, vacche, vitelli, chavalli, muli, asini, porci et altri animali; vasi da vino d’ogni ragione, vasi d’oro, d’argento, di stagno, di rame, di bronzo, di ferro o di legno; banche, tavoli, serrature, tovagl(i)e, tovagl(i)uole, letti, coltrici, lenzuola, chopertoi e altre masserizie; libri di ragioni, di fitti, d’allogagioni e d’altri debiti, messali, breviarii, salteri, antifonari et ciaschuni altri libri; lettere, carte, instrumenti publichi di notai, donagioni, contratti e ciaschune altre scripture o publiche o private e ciascuno altro bene apartenente alla decta badia o a messere Iacopo abate di detta badia, in qualunque modo o per niuna cagione, tali persone, che avessino tenessino de’ decti beni o sapessi chi tenesse, gli debbi rendere e chi non gli rendessi, né facessi noto chi gl’avessi, fatta l’amonizione dopo trenta dì rimane exchomunicato per la Sedia Apostolicha; ma possono le dette persone nel detto termine di trenta dì acordarsi col detto messere l’abate.
Altramente rimane scomunichato e non può essere absolto se non dal Sancto Padre o dall’auditore sopradetto.
Avisando ciaschuna persona che chi rimane excomunicato sarà pronuntiato in corte di Roma e nel vescovado nostro e saragli tolto l’entrare in chiesa e gl’altri sacramenti”.

Per compiere i lavori necessari al ripristino della badia, l’abate Iacopo ricevette anche dei prestiti dal fratello Piero e l’aiuto di “certi e buoni huomini del popolo dei San Godenzo chome zelatori e amatori di decta chiesa”. Iniziò fin dal 1441 i restauri, segnando su carta gli ambienti, i muratori, i lavoratori e le spese, compresa la calcina cotta in una fornace a Spalliena.
Ricordò le campane che cadevano, un pilastro del chiostro crollato che aveva rovinato mezza cucina, la copertura di quest’ultima, gli usci, le finestre e le panche che mancavano, le travi rotte, i poderi da risistemare ...
Si impegnò anche a far rifare il “muro della chiesa dinanzi”. Prima venne abbattuto in modo sconsiderato da dei muratori senza perizia e poi ricostruito dai maestri Bartolomeo e Giovanni lombardi (1442), da maestro Fruosino di Scottino da Firenze (1444) e da maestro Antonio lombardo (1445).
Scrisse anche sui lavori per la porta d’ingresso della chiesa (1442 e 1444, 1450), sulle lastre del tetto per coprirla (e i maestri Martino, Bartolomeo e Giovanni lombardi, 1448).
La sua minuta scrittura si interrompe al 1450.

Paola Ircani Menichini, 23 luglio 2022.
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